VISITA

INTERNO

The Cathedral is dedicated to the Virgin Mary received into Heaven (Assunta) but here is also venerated Saint Pantaleone, patron of Ravello. It was founded in about 1086 by a Benedictin monk, Orso Papicio, first Bishop of Ravello. Later the Church was elevated to the status of Cathedral and episcopal see directly depending on Rome and in 1603 Pope Clemente VIII joined together the two episcopal sees of Ravello and the neighbouring Scala, committing them to a single Bishop. During the XVIII century, the inside was changed according to the baroque taste, but during the last restoration (works begun in 1973) the three naves have been brought back to their original aspect. The walls of the side naves were originally all painted in fresco, as two fragments show us. In the middle to transept, until the XVIII century, rose the altar given by Bishop Rogadeo (1094-1150) and the ciborium, work of Matteo of Narnia, ordered by Matteo Rufolo in 1279; what remains of this precious work is now displayed in the crypt which serves as a museum. On the left side of the high altar, there is Saint Pantaleone’s Chapel, built during the XVII century.

Il duomo di Ravello, edificato nell’ XI secolo e dedicato a Santa Maria Assunta, è una basilica di derivazione benedettino-cassinese con tre navate scandite da un doppio colonnato, transetto, cripta sottostante ed absidi estradossate. Con il passare del tempo la basilica si arricchì di opere insigni come l’ambone Rogadeo (prima metà del XII sec.), le valve bronzee (1179), il pulpito (1272) e  il ciborio (1279). Inoltre le pareti del tempio dovettero essere affrescate, come mostrano le immagini presenti nella navata destra. Nel XVIII secolo l’edificio, in uno stato di forte degrado,  assunse una candida veste barocca, che ne modellò le superfici con membrature e volute in stucco, accordando il sacro tempio ai gusti del tempo. I lavori di restauro, iniziati nel 1973, hanno invece ripristinato le linee romaniche nelle navate, lasciando intatta la veste barocca del transetto.

LE PORTE DI BRONZO

 

The bronze doors, as the inscription on one of the door panels reminds us, were given to the Cathedral in 1179 by Sergio Muscettola, an important member of the Ravello patriciate. They are the work of Barisano from Trani who is very famous for his innovations in the art of bronze-fusion. While the typical technique of the Byzantine doors was the engraving, he used a relief-technique with dice, so that he could repeat the same image at any time. The door panels, cast almost certainly in Trani, were carried to Ravello by sea. The presence in Ravello of an Apulian artist confirms the flourishing artistic and commercial relationships between this town and the biggest centres in Apulia.

Le valve bronzee, opera di Barisano da Trani, furono realizzate nel 1179, su commissione del nobile ravellese Sergio Muscettola, come testimonia l’iscrizione dedicatoria, posta sul  battente di sinistra. La porta ravellese è costituita da due battenti in legno su cui sono affisse, in modo quasi speculare, le 80 formelle, di cui 54  figurate e 26 decorative. Le giunture sono coperte da fasce ornamentali, raccordate da borchie piramidali o circolari, decorate con motivi vegetali e fissate alla struttura da grossi chiodi. La tecnica utilizzata nella realizzazione delle formelle è quella del bassorilievo. Il ciclo iconografico delle porte presenta, a partire dai registri più bassi, il mondo animale e vegetale (Albero della Vita), l’universo umano (arcieri e lottatori) e le gerarchie della Chiesa (Santi, Madonna e Cristo).

AMBONE DELL’EPISTOLA

The Marble ambo was presented by Costantino Rogadeo (1094-1150), Bishop of Ravello, in the first half of the XII century. Of Bizantine origin, this kind of ambo was very popular during the XI century all over the South of Italy and in the XII century also in Latium. The geometry of its decoration as well as the mosaic technique of square and triangular tesserae are Byzantine too. The oblique slabs along the two staircases leading to the lectern represent in two episodes the prophet Giona’s story: a symbol of the Death and Resurrection of Jesus Christ.

L’ambone Rogadeo, detto anche ambone dell’Epistola, posto in origine sul lato destro della navata centrale, fu fatto eseguire nella prima metà del XII secolo dal secondo vescovo della diocesi Costantino Rogadeo (1094 – 1151). L’arredo è costituito da due scale laterali affiancate ad un lettorino centrale, recante in alto un’ aquila dalla testa mozza, e delimitate da pilastri quadrangolari con boccioli che si innestano su cespi fogliacei. All’interno di una delle rampe è possibile osservare due lastre di spoglio, una classica e una paleocristiana, portate alla luce nel corso dell’ultimo restauro. Una cornice modellata con elementi vegetali attraversa l’ambone in tutta la sua lunghezza. Nel registro inferiore due plutei sono decorati con dischi di porfido e serpentino inquadrati da meandri curvilinei, ruote cosmiche che richiamano l’azione creatrice del Verbo. In alto un mosaico raffigura l’episodio biblico del Profeta Giona, ingoiato e vomitato dal pistrice, prefigurazione della morte e resurrezione di Gesù: “Come Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il figlio dell’Uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (Mt 12, 39). Sotto il lettorino, a sottolinearne il carattere di “Monumentum Resurrectionis”, due pavoni, simbolo della Vita Eterna, sormontano una nicchia centrale che rimanda al sepolcro vuoto di Cristo. Sul leggio sono presenti, oltre all’aquila di San Giovanni, un piccolo bue e le zampine di un leone, simboli degli Evangelisti Luca e Marco.

AMBONE DEL VANGELO

The pulpit is a present of Nicola Rufolo and his wife Sigilgaida. It rests on six twist colums adorned with mosaics, the back of six lions are the base of these columns. This kind of structure was very popular during the second half of the XII Century and after. The actual ambo is richly adorned with mosaic slabs representing geometrical, animal and plant decorations; its cornices are of the classical type. A mosaic representing the Virgin Mary with the Child, still in Byzantine style, lies on the pulpit side opposite the Church entrance, with the Rufolo family’s coat-of-arms on both sides. A staircase closed by a little elegant trilobed door gives access to the pulpit. On the top of the trilobed door two profiles are sculptured: they probably are the donors’ portraits, Nicola Rufolo on the left and his wife Sigilgaida on the right. All sculptured parts of the ambo must be attributed to Nicola di Bartolomeo da Foggia, who shows a gothic sensibility within an artistic culture of Frederick II’s times. As far as the mosaics are concerned, Bertaux’s assumption seems to be the most correct: he affirms, in fact, that they are work of local craftsmen.

Il pulpito, o ambone del Vangelo, fatto eseguire dal nobile Nicola Rufolo nel 1272, è opera dello scultore Nicola di Bartolomeo da Foggia. “Ego magister Nicolaus de Bartolomeo De Fogia marmorarius hoc opus feci” (Io maestro marmorario Nicola di Bartolomeo da Foggia ho realizzato quest’opera) si legge sulla lastra che affianca la scala d’accesso mentre più in alto è presente la lapide dedicatoria.L’ambone è composto da una rampa di accesso e da una cassa quadrangolare. Un arco trilobo, nei cui pennacchi sono raffigurati di profilo Nicola Rufolo e sua moglie Sigilgaida, costituisce l’ingresso della scala interna. La cassa, decorata con tralci fitomorfi che ne delimitano il perimetro, poggia su sei colonne tortili sorrette da tre leoni e tre leonesse dalla folta criniera. I capitelli, minuziosamente lavorati, sono scolpiti con carnosi tralci vegetali e motivi zoomorfi.Al centro, su una colonnina tortile, si erge il lettorino, costituito da un’aquila in marmo, originariamente dorato, recante negli artigli un codice con l’iscrizione “In principio erat Verbum”, inizio del Vangelo di San Giovanni. Sotto il lettorino sono invece scolpiti due volti dall’espressione digrignante, che fonde sorriso e isteria in un ghigno enigmatico. L’ambone, piccola basilica nella basilica, accoglie sotto una nicchia, ricavata nel corpo di accesso, un piccolo altare, dove si ammirava il trittico del XIII sec., raffigurante Santa Maria la Bruna tra San Giovanni Battista e San Nicola da Myra, purtoppo trafugato nel 1974.

LA CAPPELLA DI SAN PANTALEONE

The marble Chapel of Sf. Pantaleone, patron of the town, whose feast day is celebrated each year on the 27th of July, is on the left hand side of the high altar. Its construction began during the XVII century39 and was finished in 1695. The frescos on the vault and the painting of the martyr with St. Ermolao, by Gerolamo Imperiali of Genova, were executed in 1638. The central niche contains the precious relic of the blood of St. Pantaleone, who was martyred in Nicomedia in 305. The blood is preserved in a chiselled ampulla, of gold and silver, of the 13th century. The miracle of the liquefaction of the blood of the martyr dates from 1577. It is repeated each year on the day dedicated to the Saint and the blood remains crimson and clear until September 14th, the feast of the Holy Cross. In 1759 the ampulla was cracked when a priest, Don Lorenzo Tesauro Risi, held a candle too close to it, but the blood did not, and still does not, leak through the crack. In memory of the prodigious event the priest caused a handsome silver statue to be fashioned; it is still carried in the solemn procession. The work of Girolamo Imperiali, painter of Genoese origin and pupil of Giulio Benso, represents dying Saint Pantaleone assisted by master Ermolao. The Saint (martyrized at Nicodemia under Maximian) is fastened to an olivetree which, acording to tradition, turned green again coming into contact with his body. Imperiali follows perfectly the heroic program of the Counter-reformation. Many elements of the late mannerist pictorial art can be seen in the languor and the abandonment of Saint Pantaleone’s figure. In fact, Imperiali’s stay in Parma, Carreggio’s town, in 1622, was very important for his development.

La cappella di San Pantaleone fu edificata nel corso del XVII come voto della Città di Ravello al santo patrono in seguito al terremoto provocato dall’eruzione del Vesuvio del 16 dicembre 1631. La costruzione si era resa necessaria per assicurare una più sicura e dignitosa collocazione alla preziosa reliquia del sangue di San Pantaleone, conservata fino a quel momento in un luogo denominato “finestra” a sinistra dell’altare maggiore. La reliquia fu traslata il 16 maggio 1661, come testimonia un pubblico atto rogato nello stesso giorno dal notaio scalese Nicola Campanile. Le celebrazioni furono presiedute dal Visitatore Apostolico Onofrio de Ponte, Vescovo di Lettere, con l’assistenza del Capitolo della Cattedrale di Ravello, allora composto dall’Arcidiacono Crispino Battimelli, dall’Arciprete Pietro Manso, dal Primicerio Cosma Manso, dal Tesoriere Mattia Mosca, e dai canonici Carlo Mandina, Pantaleone Di Lieto, Nicola Camera, Silvestro Di Palma e Alessandro Di Lieto. L’amministrazione civile era rappresentata da Pietro Confalone e Andrea Fusco, Sindaco ed Eletto dei Nobili, e da Antonio Camera e Sabato D’Amato, Sindaco ed Eletto del Popolo. L’accesso al reliquiario del sangue era costituito da due porticine chiuse con quattro chiavi conservate, secondo un’antica tradizione, dal vescovo, dal tesoriere del capitolo, dal sindaco dei nobili e dal sindaco del popolo. In corrispondenza di una graziosa cupoletta, decorata con elementi vegetali e delineata da cartigli e modanature su cui si stagliano teste di putti, si eleva il pregevole dossale in marmi policromi arricchito da angeli in marmo bianco. Quattro colonne sormontate da trabeazioni, convergenti verso un frontone spezzato, ne inquadrano la facciata. Al centro si ammira il dipinto raffigurante il martirio di San Pantaleone, legato ad un albero d’ulivo con al fianco il maestro Ermolao, opera eseguita nel 1638 dal pittore genovese Gerolamo Imperiali, come risulta da un protocollo notarile di Marco Livio Battimelli, reso noto da Matteo Camera. Un pittore giunto nel Viceregno come amministratore del feudo di Sant’Angelo dei Lombardi, che il noto collezionista Gian Vincenzo Imperiale era riuscito ad acquisire nel 1637. Le tele laterali, risalenti al secolo XVIII, raffigurano i santi Tommaso e Barbara mentre in alto è presente un quadro con il Bambino Gesù tra i simboli della passione del Cristo. Alla base delle colonne centrali sono presenti due stemmi della città sormontati dal patrono, a mezzo busto, con l’ampolla e la palma del martirio, apposti nel 1643 in quanto la cappella «fu anche costrutta del peculio pubblico e limosine dei cittadini». Il prezioso paliotto d’altare è in mosaico fiorentino, commistione di marmi, alabastri e madreperla che svolgono temi floreali inquadrati da geometrie mistilinee. La grande arcata d’accesso, il cui intradosso è affrescato con scene della vita e del martirio del santo, è interamente chiusa da una cancellata in ferro battuto, che riporta in alto lo stemma di mons. Luigi Capuano. Gli affreschi, riconducibili all’Imperiali, riproducono con veloci pennellate scene dai colori brillanti che raffigurano le guarigioni del paralitico, del cieco e due scene tratte dai supplizi, che il giovane medico dovette affrontare prima di giungere alla somma prova della decapitazione; un riquadro, purtroppo, è totalmente consunto. Alla base, una balaustra traforata in marmo bianco, con inserti in marmi di vario colore, é scolpita con le figure di San Pantaleone e Santa Barbara, compatrona della città.

At one time the Church, under the patronage of the various patrician families, contained as many as 29 chapels. Of these only two remain. On the left of the entrance, the chapel of the Holy Rosary, donated in 1585 by the Bishop Emilio Scattaretica to the noble families of Ravello, whose coat of arms can be seen on the walls; on the right, the chapel of St. Trifone, with a painting of the Saint, which at one time belonged to the Benedictine Convent that has since been demolished.

Il 4 maggio 1585, con atto rogato dal notaio Valerio Mandina, mons. Emilio Scattaretica concedeva la cappella del SS. Rosario, anticamente dedicata a San Lorenzo, ai nobili della Città che vi fondarono un pio sodalizio. In quegli anni alcune famiglie dell’antico patriziato cittadino erano ancora presenti ma gradualmente spostavano i propri interessi verso la capitale del regno.

Agli inizi del Seicento il culto della Madonna del Rosario era molto vivo: nella prima domenica del mese, dopo il vespro, aveva luogo una processione con la partecipazione della confraternita, del capitolo e del clero. I nobili recitavano il rosario il mercoledì, sabato e domenica di ogni settimana e offrivano ogni anno una libbra di cera nel giorno dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.

Il sodalizio si estinse nel 1706. Quel particolare privilegio che aveva legato la confraternita alla nobiltà, e quindi agli ultimi eredi dei “maiores”, si era trasformato in un limite invalicabile!

La cappella, amministrata dai civici governatori, accolse anche le adunanze dei Parlamenti nobiliari, come si evince dalla lettura dei verbali relativi agli anni 1730-1805.

Il dipinto è opera di Rachele Luciano, un’artista attiva nel terzo quarto del Settecento.

The marble altar of St. Michael the Archangel belongs to the 15th century. The altarpiece depicts the apparition of the Archangel on the Gargano and at Castel S. Angelo in Rome. It comes from the Church
of S. Angelo all'Ospedale, now demolished, and is the work of Giovanni Angelo Amato of Maiori, who painted it in 1583. The table, signed and dated 1538, was executed for the Church of Saint Angelo of
Ravello and it has a noteworthy wooden frame. Only in 1658 was it moved into the Cathedral. In 1955 F. Bologna already stressed the importance of the painting as a «guide-work » to recognize this painter.
His style of painting approaches very closely that of Francesco Curia, but at the same time he is influenced by the new work of painters in Caprarola and Rome, where D'Amato spent some time of his life in 1570, as Bologna tells us. On the predella of the table there are three scenes with a well balanced composition inspired by the tale of the Golden Legend of Jacopo from Jacobo Varagine.

 In corrispondenza dell’abside destra si erge l’altare dedicato a San Michele Arcangelo. Dedicato in origine alla Beata Vergine Assunta (il Capitolo vi celebrava la festa il 18 agosto), era stato fondato dalla famiglia Frezza con l’obbligo di due messe settimanali e di altri anniversari. Uno splendido dossale cinquecentesco in legno intagliato e dorato accoglie il dipinto ad olio raffigurante San Michele Arcangelo che trafigge il demonio, eseguito nel 1583 dal pittore tardomanierista Giovanni Angelo D’Amato. La tavola, commissionata dalla Congrega dei Disciplinati di San Michele per la diruta chiesa di Sant’Angelo nuovo, in località Pianello, giunse in cattedrale nel 1658 su disposizione del vescovo di Ravello Bernardino Panicola che ne aveva ordinato il trasferimento a causa delle miserevoli condizioni dell’edificio confraternale. I confratelli si erano però riservati il diritto di celebrare in questo altare la festa dell’apparizione di San Michele (8 maggio) mentre il Capitolo della cattedrale in quel giorno era tenuto a recarsi processionalmente fino alla sede della congrega ricevendo 15 carlini, come ricordava il canonico don Luigi Mansi richiamando le conclusioni capitolari. Le colonne del dossale, scanalate e ornate da racemi vegetali, reggono un architrave con cimasa a volute e tralci vegetali che cingono un clipeo in cui è raffigurata la Vergine con il Bambino. Nella predella sono effigiate tre storie del culto micaelico: il toro che si ferma nel luogo dove sarebbe stato edificato il santuario sul Gargano, le apparizioni dell’arcangelo sulla mole Adriana (che pose fine alla peste nel 590) e a Tombelaine dove sorgerà un’abbazia. In basso sono due stemmi civici richiamati anche nel 1643 allorquando il vescovo Panicola aveva censito l’immagine «perpulcra cum insignis et scutis Civitatis Ravelli». L’altare in marmi policromi, dai caratteristici intarsi in pietra e madreperla, reca ai lati due stemmi cittadini sormontati dalla figura dell’Arcangelo. Fu eseguito su commissione dei governatori dei nobili e del popolo Don Pietro di Fusco e Giuseppe Pisani che ne amministravano le rendite, come si evince dall’iscrizione posta alla base: «D · PIETRO DI FUSCO ET M · GIUSEPPE PISANI – GOVERNATORI DEI NOBILI E DEL POPOLO ANNO 1720».

© G.Imperato, Ravello nella storia e nell’arte, 1995

© G. Imperato, Un testimone San Pantaleone, 1982

© L.Buonocore, Il Duomo di Ravello – profilo storico-artistico di un monumento, 2004

© S.Amato – L.Buonocore, La Cappella di San Pantaleone nella storia e nell’arte, 2022